lunedì 17 ottobre 2011

no future for young people

oggi è lunedì. roma è tranquilla come al solito. tranquilla nei suoi limiti, ovviamente, per quanto possa essere tranquilla questa città eterna-mente caotica.
ma oggi non è un lunedì come un altro. due giorni fa roma è stata attraversata da un'indignata onda di malcontento composta da varie anime, ognuna con i suoi codici e parole d'ordine, il suo stile, il suo seguito e le sue richieste. non so cosa ci si aspettasse che accadesse, onestamente. di certo non quello che è accaduto ossia le 4-5 ore di scontri tra polizia e una parte di manifestanti tra via labicana e piazza san giovanni fino a piazza vittorio in serata tarda. molti li chiamano black bloc ma io mi rifiuto di cadere in questo tranello. pongo un'altra domanda: chi sono i black bloc? a quale frangia politica apparterrebbero? molti direbbero estremisti di sinistra, anarchici, o non so che altro.
a me pare invece che nessuno sappia cosa sono: semplicemente, come al solito, lo zoon politikon, l'essere umano, deve catalogare tutto entro certi schemi precostituiti e rassicuranti per dargli un nome che serva da esempio di condanna unanime e senza appello. li chiamano black bloc solo perchè sono vestiti di nero? quindi? anche io mi vesto di nero e manifesto, sono una black bloc? cosa mi distingue da sti fantomatici e pericolosi esseri viventi?
quello a cui ho assistito in questi giorni su giornali e social network è stata una condanna pesante e senza base di riflessione su queste persone e su ciò che hanno fatto.
lo trovo disgustoso e patetico. cosa? il fatto che migliaia di persone che se ne sono rimaste comodamente  a casa lasciando gli altri manifestare, stiano da sabato sera inondando di condanne indignate la rete. addirittura ci si è dati alla via dell' infamità atteraverso la collaborazione per portare all'arresto più persone possibile attraverso video e foto amatoriali. è agghiacciante che ci sia così tanta risposta e partecipazione attiva da parte della società civile ad una cosa simile. comincio ad avere paura della gente normale, della stessa gente che innocentemetne ha votato per il berlusca, ipocriti e buonisti.
non mi piace la violenza in ogni caso, ma quello che ho visto sabato, per quanto non condivisibile sia, è stato uno sfogo collettivo non di un pugno di cento persone, come piace dire a giornali e buonisti, ma di almeno 2000 individui incazzati neri per il fatto di aver visto sfumare il proprio futuro, sacrificato sull'altare della più importante missione di salvataggio di questo governo, già asfissiato e ormai al patibolo, diciamo in una condizione di morte cerebrale accompagnata da idratazione forzata e accanimento terapeutico.
certo, cosa sono 2000 persone rispetto alle 200.000 complessive della manifestazione? una goccia nell'oceano, ma comunque una voce, che è stata in grado di farsi sentire, nel bene o nel male. molto più di quanto sarebbero riusciti i vari vendola dai ridicoli palchetti acchittati in piazza san giovanni per la fine del corteo. chi credeva che sarebbe andato tutto liscio vive fuori dal mondo. o forse non capisce, perchè non  tocca con mano il disagio provato dalla maggior parte delle persone. facile organizzare un comizio politico comodamente seduti sulle poltrone di pelle.
ma la vita vera è per strada, nelle università, nei supermercati dove la gente conta i centesimi per comprare la pasta per arrivare a fine mese, negli asili pubblici strapieni e mal ridotti a causa dei tagli, sui marciapiedi sempre più pieni di nuove forme di povertà, nella dignità della vecchietta che ritira la sua scarna pensione con il suo vestito migliore, nel dramma di chi, perdendo il suo lavoro, non ha più il coraggio di vivere e la fa finita.
questa è la realtà, che ci piaccia o meno. i politici non potrebbero esserne più lontani e mi disgustano. due giorni prima venne votata la fiducia a sto governo. di nuovo.
ma siamo consapevoli che tale fiducia è stata comprata e non rappresenta nessuno di noi. 316 stronzi e infami non ci rappresentano. dovrebbero scendere dal pioppo. e noi saremmo qui ad aspettarli.
ai posteri l'ardua sentenza.

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